Minori e Case Famiglia: la sfida istituzionale di “Nuovi Sorrisi”

MINORI E CASE FAMIGLIA: LA SFIDA ISTITUZIONALE DI “NUOVI SORRISI”

Di Paolo Zinicola e Benedetta De Luca

bambino di spalle

I bambini sono universi meravigliosi che l’adulto non può comprendere fino in fondo nonostante lo sia stato anch’egli prima di crescere. La loro percezione del mondo, la loro capacità di contatto con esso è innocente, fantastica e guidata dal bisogno di attaccamento.

Ogni bambino che arriva in casa-famiglia deve affrontare un processo che si dispiega in diverse fasi a partire dall’elaborazione del lutto, l’esplorazione dell’ambiente, la cura dei contenuti traumatici, l’aprirsi a nuove occasioni, la nuova separazione in vista di un percorso adottivo o di affidamento.

La complessità dell’individualità di ciascuno, le storie diverse, non permettono chiaramente generalizzazioni, ma tutti entrano in risonanza rispetto al dolore e al senso di disvalore provati.
Molti bambini all’arrivo rimangono guardinghi, piangono disperatamente, sono chiusi e spaventati, altri invece arrivano curiosi e rimangono nella prima fase in un’esplorazione vivace concedendo solo dopo un po’ ai loro sentimenti di esprimersi. La tristezza di essere stati abbandonati si traduce in un senso di grave disvalore per loro, rinforzata dall’incuria, dalla violenza dalle esperienze traumatiche vissute con le famiglie d’origine.

Il processo di guarigione parte dal renderli consapevoli che il loro arrivo, lì, rappresenta la possibilità di un luogo sicuro dove crescere, loro diritto fondamentale, che l’allontanamento che hanno “subito” è legato proprio all’inestimabile valore che ciascuno di loro possiede e alla necessità imprescindibile che possano venire trattati alla pari della loro preziosità. Questo messaggio va di pari passo, con un atteggiamento sempre compassionevole anche verso le famiglie d’origine cui i bambini sentono di appartenere.

Ogni arrivo, ogni partenza, è vissuto come una nuova riedizione del trauma, rispettivamente la paura di perdere l’amore dell’equipe educativa e il dolore della separazione. Quello dell’equipe educativa si configura come un lavoro che richiede estrema sensibilità e delicatezza e in virtù di ciò rappresenta uno strumento unico di guarigione, catalizzatore delle emozioni presenti, sostegno alla rieducazione. Prende in sé l’impegno di curare le ferite e restituire la speranza accettando di portare con sé parte di quelle sofferenze, insegnando il valore personale ad ognuno ed il diritto a una vita migliore. È un percorso di crescita di tutti i protagonisti del viaggio e necessita di attenzione al benessere di ciascuno. Ogni genitore è dietro al proprio figlio, vittima anch’egli di un bagaglio di sane esperienze di accudimento mai ricevuto, ed è per questo che è fondamentale che ogni adulto si prenda cura di sé, che l’equipe funzioni come un organismo protettivo di ogni sua unità, guidata dal mantra: “non si può donare ciò che non si è ricevuto”.

È altresì importante celebrare i successi, ogni volta che un bambino trova il suo nuovo posto nel mondo; per lui, per l’equipe, è nel contempo un momento ricco di gioia e di dolore perché implica un saluto difficile. Tuttavia quando i bambini portano nel cuore gli adulti è per loro più facile salutarli. È importante che ci sia un rituale, una piccola festa che sancisca il nuovo inizio e che ogni bambino senta che il luogo sicuro che lascia è per sempre suo. Uno dei modi che facilita simbolicamente questo processo, è lasciare una traccia, un disegno, una manina colorata sulla parete col proprio nome.

I bambini hanno bisogno di esteriorizzare le situazioni difficili nel gioco per simbolizzarle e poterle interiorizzare. Il processo di introspezione si muove diversamente dall’adulto e alcuni processi non hanno bisogno di raggiungere la neocorteccia, ma possono rimanere a livello del sistema limbico, nella concretezza del gioco simbolico. Ad esempio: se nel gioco un bambino mostra un grosso ragno che minaccia altre figure, è importante osservare, comprendere cosa vuole esprimere e facilitare nel bambino la distanza da quel pericolo. I bambini hanno bisogno di percepirsi potenti, di sentirsi al sicuro per cui promuovere delle piccole strategie di contenimento, è salutare, come mettere il ragno in gabbia, introdurre un salvatore nel gioco. Questo si traduce nell’esplorare strategie di coping con le quali far fronte alle situazioni difficili senza che questo debba essere necessariamente rinarrato ad un livello superiore.

La casa-famiglia è un posto di passaggio e tale deve essere per ogni bambino. Non è auspicabile che i minori rimangano nell’istituzionalizzazione troppo a lungo ed è quindi importante assicurare ad ogni bambino una certa tempestività nei procedimenti, cosa che purtroppo non accade spesso. Ogni bambino ha bisogno di un tempo per accettare di superare il proprio passato ed essere pronto a ricominciare e questo tempo è soggettivo. La scommessa istituzionale deve essere quella di rispettare questo tempo, di riuscire ad allinearsi con i bisogni del bambino.

In casa famiglia la realtà è complessa, ma molti processi sono facilitati dal gruppo dei pari che condivide, che mostra il proprio percorso agli altri.

Ogni minore che si congeda dalla casa famiglia è un’opportunità per gli altri di aprirsi a nuove possibilità, di accettarle. Hanno tutti in comune un grande desiderio di appartenenza e lavorare con loro su questi sentimenti comuni produce alleanza. Se si lasciano sullo sfondo senza mai dar loro voce possono diventare gli attivatori di escalation di violenza. I minori reagiscono con rabbia e violenza se entrano in risonanza con i sentimenti luttuosi degli altri senza che l’adulto non dia loro voce e un contenitore efficace.

07.11.2022
Dott. Paolo Zinicola
Direttore Responsabile Comunità Nuovi Sorrisi
Laureato in Psicologia, Scienze dell’educazione, Programmazione e Gestione dei Servizi Educativi e Formativi, Pedagogia Clinica.

Dott.ssa Benedetta De Luca
Referente area psicologica comunità Nuovi Sorrisi
Psicologa -Psicoterapeuta


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